L’intervista
Teresi “L’agenda rossa esiste chi ce l’ha può ricattare tutti”
diTULLIO FILIPPONE
Il risvolto massonico di Tinebra? Non mi stupisce affatto, per anni si è dato per scontato che ci fossero cariche istituzionali fuori da ogni sospetto». Vittorio Teresi, presidente del Centro studi Borsellino, è stato procuratore aggiunto a Palermo e pm nel processo Trattativa. « L’agenda rossa – dice il magistrato che era a Palermo nel ’ 92 – esiste ancora, è il presupposto dei depistaggi edà un potere enorme a chi la possiede».
Che idea si è fatto della perquisizione delle case dell’ex procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra per cercare l’agenda rossa e dell’appunto del 20 luglio del 1992, firmato dall’ex capo della squadra mobile Arnaldo La Barbera, in cui si menziona una borsa di pelle di Borsellino consegnata proprio a Tinebra?
«È una svolta che da speranza. Si muove ancora qualcosa e questi fatti non sono solo consegnati agli storici, ma continuano a essere attualità giudiziaria. Ma c’è anche sgomento e preoccupazione, perché dopo 33 anni è difficile trovare qualcosa che possa costituire prova giudiziaria e di responsabilità. Occorre cercare in tutti i luoghi in cui questi misteri sono custoditi non dando per scontato che chi rivestiva una carica pubblica all’epoca fosse al di fuori sopra di ogni sospetto. Se fossero vere queste notizie si potrebbe dire il contrario: chi ricopriva cariche pubbliche era al di sotto di ogni sospetto».
I pm di Caltanissetta sostengono che Tinebra facesse parte di una loggia massonica. Questa ipotesi la stupisce?
«Non mi stupisce affatto, anzi conferma i sospetti che ho semprenutrito dall’indomani delle stragi, in quella triste stagione della procura di Caltanissetta. Ricordo che dopo gli incontri nelle occasioni ufficiali, non uscivo mai soddisfatto, avevo sempre l’amaro in bocca. C’era un sospetto di opacità e ci immaginavamo che la componente massonica fosseforte».
Due anni fa è stata perquisita la casa di La Barbera, ora le abitazioni di Tinebra, perché 33 anni dopo?
«Per troppi anni si è ritenuto che ci fossero luoghi esenti da sospetto, luoghi che erano dei santuari di legalità a prescindere. Ma chi cerca la verità su fatti così articolati nonpuò ritenere nessun luogo al di sopra di ogni sospetto. Il bandolo della matassa lo troviamo ai piani alti delle istituzioni dell’epoca.
Tutte: giudiziarie, politiche, economiche, finanziarie, giornalistiche».
Pensa che il bandolo si troverà?
«Finalmente cominciano a cadere in santuari e magari tra questi si troverà qualcosa si di utile peravvicinarsi alla verità».
Si troverà mai l’agenda rossa?
«Il presupposto logico del depistaggio era che scomparisse.
Non è un caso, non è stata un’idea estemporanea venuta a qualcuno.
Solo così si poteva costruire tutto quel castello di falsità. Se fosse venuta fuori molte cose sarebbe già state chiarite 33 anni fa».
Secondo lei esiste ancora?
«Secondo me sì, perché è uno strumento di potere troppo forte per disfarsene. Ha un potenziale ricattatorio che da un potere a chi lo possiede».
Per arrivare alla verità c’è allora bisogno di un “pentitismo” di Stato?
«Qualunque input di collaborazione con la giustizia deve avere attorno un clima favorevole.
Purtroppo temo che, politicamente parlando, il clima non sia ancora favorevole. Anzi il contrario».
Il 23 maggio è ormai una ricorrenza divisiva, con un corteo istituzionale e uno alternativo
«Il corteo vero è quello che si definisce anti istituzionale, quello delle persone che sentono ancora forte il bisogno di verità. Quello istituzionale, quello formale, che fa soltanto cerimonia, non è più un corteo per celebrare e ricordare la strage di Capaci, ma solo per perpetuare potere».
27 giugno 2025 – La Repubblica, edizione di Palermo
